Lavoro
Entrasti senza bussare. Alzai lo sguardo e ti vidi. Eri fresca, bella, sorridente… ma nel posto sbagliato.
“Giulia, ti ho detto che non devi venire a lavori” ti dissi alzandomi e controllando se c’era qualcuno in giro.
“Ah già, ma passavo di qui e mi son detta: perché non salutare il mio daddy?” mi rispondesti posando la borsetta e sedendoti sulla scrivania. Indossavi una gonna rossa fino al ginocchio. Le tue gambe erano snelle e i polpacci sodi. Li adoravo. Mi sincerai che nessuno ti avesse visto e chiusi la porta.
“Avresti dovuto avvertirmi. Lo sai che non voglio…”
“Ah non mi vuoi? Ne sei sicuro?” Replicasti aprendo le gambe lentamente. Non avevi indossato le mutandine e potevo intravedere le labbra della tua fica, che conoscevo così bene.
“Se vuoi vado via… ora che ci penso avevo un appuntamento con un amico” continuasti posando un dito sulla fica, massaggiandolo lentamente e poi passandolo sulla tua bocca.
“Sei una puttanella ingorda” sibilai. Il mio pene era già in erezione e la mia mente annebbiata dal desiderio. Sapevi che niente mi eccitava quanto la provocazione.
Chiusi la porta a chiave e ti dissi: “tu non vai da nessuna parte”. Tu ora ridevi di gusto. Avevi ottenuto il tuo obiettivo. Ti sdraiasti sulla scrivania aprendoti totalmente a me.
In un attimo fui sopra di te. Ti baciai con furia e ti morsi le labbra fino a sentire il sapore del sangue.
“Ti sei arrabbiato , papino?” mi sussurrasti già in preda all’eccitazione.
“Zitta, cagna” ti risposi penetrandoti subito fino in fondo e assaporando la gioia del tuo corpo. Eri già bagnata e quando sentisti il mio cazzo dentro di te emettesti un gemito.
“Ho detto zitta!” Ti intimai chiudendoti la bocca con la mano e continuando a sfondarti senza sosta. Questo ti eccitò ancora di più e i nostri movimenti divennero selvaggi, disperati come quelli si due anime che sanno di non poter fare a meno l’uno dell’altra.
Quando io venni mi tenesti forte e mi implorasti “ti prego, resta dentro”.
Ti baciai dolcemente. “Hai fatto bene a venire, Giulia”.
“Giulia, ti ho detto che non devi venire a lavori” ti dissi alzandomi e controllando se c’era qualcuno in giro.
“Ah già, ma passavo di qui e mi son detta: perché non salutare il mio daddy?” mi rispondesti posando la borsetta e sedendoti sulla scrivania. Indossavi una gonna rossa fino al ginocchio. Le tue gambe erano snelle e i polpacci sodi. Li adoravo. Mi sincerai che nessuno ti avesse visto e chiusi la porta.
“Avresti dovuto avvertirmi. Lo sai che non voglio…”
“Ah non mi vuoi? Ne sei sicuro?” Replicasti aprendo le gambe lentamente. Non avevi indossato le mutandine e potevo intravedere le labbra della tua fica, che conoscevo così bene.
“Se vuoi vado via… ora che ci penso avevo un appuntamento con un amico” continuasti posando un dito sulla fica, massaggiandolo lentamente e poi passandolo sulla tua bocca.
“Sei una puttanella ingorda” sibilai. Il mio pene era già in erezione e la mia mente annebbiata dal desiderio. Sapevi che niente mi eccitava quanto la provocazione.
Chiusi la porta a chiave e ti dissi: “tu non vai da nessuna parte”. Tu ora ridevi di gusto. Avevi ottenuto il tuo obiettivo. Ti sdraiasti sulla scrivania aprendoti totalmente a me.
In un attimo fui sopra di te. Ti baciai con furia e ti morsi le labbra fino a sentire il sapore del sangue.
“Ti sei arrabbiato , papino?” mi sussurrasti già in preda all’eccitazione.
“Zitta, cagna” ti risposi penetrandoti subito fino in fondo e assaporando la gioia del tuo corpo. Eri già bagnata e quando sentisti il mio cazzo dentro di te emettesti un gemito.
“Ho detto zitta!” Ti intimai chiudendoti la bocca con la mano e continuando a sfondarti senza sosta. Questo ti eccitò ancora di più e i nostri movimenti divennero selvaggi, disperati come quelli si due anime che sanno di non poter fare a meno l’uno dell’altra.
Quando io venni mi tenesti forte e mi implorasti “ti prego, resta dentro”.
Ti baciai dolcemente. “Hai fatto bene a venire, Giulia”.
3 years ago