Renzino di mamma sua

Quando ci si infila in certe vicende si sa da dove si comincia ma non si può mai sapere dove si va a finire.
La vicenda che sto per raccontarvi è cominciata qualche mese fà, quando mi sono accorta che mio figlio Renzo, un bel ragazzo di vent'anni, ha cominciato a manifestare nei miei confronti un interesse un po' morboso.
Non sono bella ma, a dispetto dei miei quasi cinquant'anni, dicono che sono ancora piacente. Gli uomini mi trovano appetitosa, dicono che ho ancora un bel fisico; Renzo dice che le mie curve morbide gli ricordano un panetto di burro.
Insomma, mesi or sono ho iniziato a prendermi gioco di lui. Visto che gli interessavo tanto ho cominciato a girare per casa in abiti provocanti, fingevo di dimenticare di chiudere la porta quando andavo in bagno a fare la doccia o a fare i miei bisogni. Quando lo abbracciavo facevo di tutto perché lui percepisse le mie rotondità e quando lui, incoraggiato da questi miei atteggiamenti, ha iniziato ad allungare le mani io non mi sono opposta.
All'inizio si limitava a darmi qualche pacca sul sedere o una palpatina al seno, ma ben presto si è fatto più audace e dalle pacche sul culo è passato alle palpate belle e buone.
Hai proprio un bel culo – mi diceva - afferrandomi le chiappe.
Io lo allontanavo ridendo però mi mettevo a sculettare e lui tornava alla carica.
Sei proprio uno scemo – gli dicevo mentre le sue mani mi massaggiavano il culo attraverso il vestito – ti piacciono le tardone.
Una sera si piazzò dietro di me mentre ero ai fornelli e prese a palpare con più foga del solito. Intuii che avei dovuto allontanarlo ma non potevo abbandonare le pentole, così lo lasciai fare.
D'un tratto sentii le sue mani scivolare sotto la mia gonna ed iniziare a carezzarmi le cosce.
Renzo, cosa stai facendo – lo rimproverai.
Niente, mamma, ti tocco solo un po'.
Non dovresti, però.
Lo so, ma ne ho tanta voglia.
Nel frattempo mi aveva sollevato la gonna sulla schiena e mi stava carezzando le chiappe coperte solo da un paio di slip a pantaloncino.
Sono molto sexy le tue mutande – mi disse, e sentii la sua mano infilarsi sotto la stoffa e carezzare le chiappe nude.
Adesso stai esagerando – borbottai.
Lasciati toccare, mamma, ti prego.
Ero indecisa sul da farsi. Pensavo che non ci fosse nulla di male a lasciarlo fare, ma temevo di non riuscire più a fermarlo.
E difatti, dopo avermi carezzato a lungo il culo mi abbassò le mutandine fino a metà coscia .
Ora basta – urlai – tirami su le mutande e scostati.
Renzo ubbidì, ma vidi che era molto contrariato.
Quella notte volli dargli un contentino e mi masturbai rumorosamente lasciando la porta della mia camera aperta.
Sapevo che avrebbe udito i miei gemiti e che sarebbe venuto a spiarmi. Infatti ad un certo punto udii chiaramente il rumore dei suoi schizzi che si spiaccicavano sul pavimento di marmo del corridoio.
Bene, si è sfogato, pensai terminando il mio ditale.
Il giorno dopo però eravamo daccapo e mio figlio prese a ronzarmi intorno come un moscone con il pacco oscenamente in vista attraverso la sottile stoffa dei calzoni estivi.
A quel punto decisi di affrontare il toro per le corna.
Non ti sei sfogato ieri sera? - gli domandai a bruciapelo.
E tu? - mi rispose.
Io, cosa?
Ti ho spiato mentre ti tiravi un ditale.
Lo so; perché credi che abbia lasciato la porta aperta; l'ho fatto apposta per te, speravo che tu ti sfogassi. Ho sentito il rumore dei tuoi schizzi e pensavo che oggi mi avresti lasciato in pace.
Per tutta risposta lui mi si fece più vicino ed infilò una mano sotto la gonna.
Lasciati palpare un po', solo un po'.
Aveva infilato la mano dentro le mutandine ed ora stava passando la punta delle dita lungo i contorni delle mie grandi labbra.
Quanto è morbida – disse – deve essere bella carnosa.
Confesso che la cosa non mi lasciava indifferente e istintivamente divaricai un po' le cosce.
Si sta bagnando – mi fece – allora non ti dispiace se te la tocco un po'.
Devo ammettere che era bravo e quando iniziò a giocare delicatamente col mio bottoncino prendendolo tra le dita diedi un gemito di piacere.
Incoraggiato dalle mie reazioni si fece più audace e, sollevata la gonna, mi sfilò le mutandine.
Così te la posso toccare meglio – disse.
Senza avere la forza di allontanarlo lasciai che mi tirasse un ditale. Eravamo in piedi, fianco a fianco, e mentre le dita della sua mano destra giocavano nella mia intimità, affondò la sinistra nella scollatura.
Fammi palpare queste belle poppone – disse - senti come sono ancora belle sode.
Con un gesto veloce mi abbassò le spalline del vestito, e mi tolse il reggiseno.
Adesso le mie poppe erano alla sua mercè. Le palpò, le baciò, le lecco, le morse.
Ero ormai bagnata fradicia e spingevo il pube contro la sua mano.
Mi sa che sto per godere - lo avvertii. Continua a titillare il clitoride come stai facendo, così, continua così, non ti fermare, mantieni il ritmo e ciucciami un capezzolo. Ecco così, bravo, continua che ci sono. Avevo le cosce spalancate e ansimavo come un mantice. Stavo godendo come una maiala ed ero talmente fradicia che si udiva lo sciabordare delle sue dita dentro i miei succhi. Nell'aria c'era odore di figa.
Ecco, ci sono, ci sono, ahhh, ahhh, ahhh.
Venni come non ero venuta da anni con un orgasmo lunghissimo che mi squassò il corpo.
Quando mi ripresi ero senza parole. Avevo ancora le poppe di fuori, le mutandine a terra e la mano di Renzo ancora tra le cosce su cui colavano i succhi della mia figa.
Ti sei fatta una bella goduta, beata te – mi disse Renzo.
Avevo capito l'antifona. A quel punto non potevo tirarmi indietro.
Senza dire una parola gli slacciai la cintura, abbassai la cerniera dei suoi jeans e glieli feci scivolare alle caviglie.
Notai che era rigido come un baccalà. Probabilmente aveva atteso questo momento da anni ed ora non osava quasi respirare.
Rilassati, piccolo - gli dissi – e lascia fare a mamma.
Portava i boxer ed il suo cazzo duro premeva contro il cotone in maniera ridicola. Lo lasciai per qualche secondo a cuocere nell'attesa del gran momento, poi sbottonai i boxer e li feci scendere alle caviglie coi calzoni.
Il suo cazzo duro adesso svettava davanti a me. Era proprio un bel cazzo, grosso ma non enorme, lungo e diritto. La cappella, mezza incappucciata, era rossa e lucida e sembrava bella grossa. Anche i coglioni erano grossi e pensai che dovessero essere belli gonfi.
Come lo afferrai il cazzo diede un guizzo. Era bollente e duro come il ferro, ma la pelle che lo rivestiva era morbida e liscia come seta. La feci scorrere ed ammirai la cappella: era proprio grossa, larga e coi bordi spessi e rialzati. Mio figlio doveva essere arrapato come una bestia.
Già che dovevo farlo godere, tanto valeva farlo godere per bene.
Non stiamo in piedi – gli dissi – vieni, andiamo in camera mia.
Coi calzoni arrotolati alle caviglie non riusciva a muoversi, così glieli sfilai del tutto e me lo portai in camera ove, già che c'ero gli tolsi anche la maglietta.
Fatti vedere – gli dissi – sei proprio bello.
Lo feci sedere sul bordo del letto e, sistemata al suo fianco, iniziai a lisciargli la mazza che si faceva sempre più dura, mentre la cappella pareva gonfiarsi.
Mi venne voglia di ciucciarla e mi inginocchiai ai suoi piedi.
Con la testa del cazzo in bocca passai la lingua lungo i bordi e leccai e succhiai sapientemente fino a quando non sentii il sapore salato della sua bava sulla lingua.
Allora mi sfilai.
Stai sbavando – gli dissi.
Lui era come muto, forse credeva di stare sognando.
Tornai al suo fianco e lasciai che mi leccasse le poppe e mi toccasse tra le cosce. Mi era tornata voglia e sperai che mi tirasse un secondo ditale.
Invece si inginocchiò a terra e infilò la testa tra le mie cosce spalancate.
Fatti leccare la figa – disse.
Non chiedevo di meglio.
Quando tornò su aveva il viso tutto sporco del mio sugo e me lo leccai tutto.
Adesso fammi sborrare – disse – ne ho una voglia pazzesca.
Non ci volle molto, era talmente arrapato che, come lo ripresi in mano, il cazzo iniziò a colare la sua bava collosa.
La bocca di Renzo era attaccata alle mie poppe e sembrava volesse mangiarsele.
Dopo quella breve leccata di figa mi era rimasta una voglia pazzesca e, con la mano libera, presi a sbattermela, ma lui tolse la mia mano e mise la sua. Ci stavamo masturbando a vicenda, la sua bocca attaccata alle mie poppe, la mia intenta a leccarlo sul collo, sul viso, nelle orecchie.
Mamma, sto per sborrare , mi annunciò.
Sborra Renzino di mamma, sborra; sborra tranquillo, fanne tanta, fanne più che puoi; fai a vedere a mamma tua come sborri.
Dove posso sborrare, mamma?
Sborra dove vuoi, dove ti fa più piacere.
Anche addosso a te?
Ma certo, piccolo, certo che puoi sborrare addosso a mamma. Mi vuoi sporcare tutta, vero? E mamma si lascia sporcare, si lascia innaffiare tutta dai tuoi schizzi. Scommetto che ne farai tanti e che mi imbratterai tutta dalla testa ai piedi.
Oh, si, mamma, vedrai che sborrata, vedrai che spruzzi!
A quel punto mi ero messa proprio di fronte a lui per consentirgli di fare quello che voleva.
Avevo la testa del suo cazzo puntata contro di me e mentre la lisciavo vedevo la mazza colare un filo spesso di bava biancastra.
Stai godendo Renzino di mamma?
Come un maiale. Hai visto come cola? E' tutta bava di cazzo.
La vedo, piccolo, la vedo. E' buona.
Diedi una lappata alla cappella e mi sporcai la lingua con la sua bava.
Sborra, Renzino, sborra, lo incitai, sborra addosso a mamma tua.
Adesso, mamma, adesso.
Lo vidi protendere il ventre verso di me e fui investita dai primi due o tre schizzi che mi arrivarono sulle poppe nude.
Così, da bravo, sborra, sborra tanto, fai vedere a mamma una bella sborrata.
Non feci in tempo a finire la frase che Renzino, ragliando come un asino, iniziò a scaricarmi addosso una quantità impressionante di sperma spesso e cremoso.
Eccola, mamma, eccola la sborrata. Guardami, mamma, guardami mammina, guardami come sborro.
Buttava come un cavallo, quel ragazzo, e mi innaffiò letteralmente dalla testa ai piedi sporcandomi i vestiti, imbrattandomi il viso, le poppe, le gambe, la pancia. Qualche spruzzo sorvolò addirittura sopra la mia testa per andare a spiaccicarsi rumorosamente contro lo specchio dietro di me.
Che sborrata, dio che sborrata! Non la dimenticherò mai. La prima sborrata di mio figlio, un po' come il primo dentino.
Quando andai in bagno a ripulirmi pensai a quanto era successo. Mio figlio mi aveva tirato un ditale ed io lo avevo fatto sborrare a quella maniera. Cosa sarebbe ancora successo?
Ve lo racconto prossimamente.
Опубликовано ernerchia
3 года назад
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